Sembra non esserci crisi nel percorso di internazionalizzazione delle scuole italiane: lo conferma il VI Rapporto di Fondazione Intercultura, realizzato in collaborazione con Fondazione Telecom Italia.
La ricerca "Generazione Inoccupati? No grazie" dell'Osservatorio nazionale sull'internazionalizzazione delle Scuole e la Mobilità Studentesca (dati elaboarati da Ipsos) è stata presentata a Milano il 1° ottobre davanti a una platea di addetti ai lavori della scuola e 500 studenti degli istituti superiori.
Boom di studenti italiani all'estero con un programma individuale (+55% in tre anni) e indice di internazionalizzazione medio delle scuole italiane che va da 37 a 41 punti: questi i numeri subito evidenti.
Un "grazie" particolare la scuola italiana lo deve alle nuove tecnologie che cominciano a diffondersi ogni giorno di più, a supporto dell'internazionalizzazione e dell'insegnamento.
Cresce, dunque, la voglia dei nostri ragazzi di internazionalizzazione: nel 2014 7.300 studenti italiani delle classi superiori hanno studiato all'estero con programmi di lunga durata e 3.200 adolescenti di tutto il mondo hanno scelto l'Italia per trascorrere alcuni mesi di scuola per la propria formazione didattica e culturale (+14% dal 2011).
Inoltre, più di due terzi degli istituti superiori italiani (68%) hanno aderito a un progetto internazionale (nel 2011 erano uno su due).
Nonostante il trend positivo, ci sono ancora delle barriere che ostacolano il restante 32% di scuole superiori che non partecipano a progetti internazionali.
Tra le motivazioni, indicate dai 431 Presidi intervistati, la scarsa adesione da parte degli studenti (24%) e l'impossibilità di ottenere finanziamenti (23%).
Guardando agli insegnanti, a fronte di un 49% di essi che ancor oggi subirebbe la scelta della scuola di sostenere i progetti internazionali, c'è un ottimo 42% di professori che invece partecipa attivamente all'organizzazione.
L'Osservatorio, però, quest'anno non si è limitato a monitorare le iniziative internazionali, ma è entrato anche nel dettaglio della relazione tra Scuola e Università per indagare quali fattori possono essere rilevanti per supportare i giovani in un percorso con maggiori probabilità di successo universitario prima e lavorativo poi.
Competenze trasversali, tecnologia e internazionalità sembrano essere la risposta.
Per i docenti universitari i nostri neo-diplomati sono in realtà impreparati, soprattutto perché sono fortemente in difficoltà nel parlare una lingua straniera e nel problem solving. I nostri adolescenti sono, invece, promossi nella capacità di relazionarsi con altre culture, probabilmente grazie anche alla crescente presenza in classe di adolescenti di nazionalità diverse, la capacità di lavorare in gruppo e soprattutto nell'utilizzo della tecnologia e degli strumenti informatici.
«La generazione dei nativi digitali avrà sempre più il ruolo di guida nel mondo delle nuove tecnologie, soprattutto nella scuola e nell’istruzione. Ci pare particolarmente rilevante che questa indagine confermi l'intuizione che tecnologia e propensione all'internazionalizzazione vanno assieme, anche nel mondo dell'educazione: gli istituti scolastici ed universitari più aperti all’internazionalizzazione risultano infatti essere tra quelli più tecnologici. Siamo così convinti che una spinta all’uso delle nuove tecnologie, da parte degli studenti e degli insegnanti del nostro Paese, possa arrivare dagli scambi internazionali per i nostri ragazzi in luoghi dove queste iniziative fanno parte della quotidianità. L’innovazione può rendere vivo ed accrescere il grado di internazionalità, mentre un’esperienza diretta all’estero durante gli anni scolastici certamente favorisce le relazioni ed il confronto tra modelli culturali e didattici differenti.»
Marcella Logli, Segretario Generale Fondazione Telecom Italia
Per approfondire: su www.scuoleinternazionali.org sono disponibili le infografiche con i principali dati delle ricerche.