Dal 10° Rapporto Annuale Federculture 2014 emerge un quadro ampio e dettagliato della situazione: di fronte alla crisi occorre uscire dalla retorica della bellezza e mettere in campo interventi organici e di lungo respiro per rilanciare la crescita del settore culturale e del Paese.
È ancora un anno di difficoltà per la cultura quello che Federculture registra nel Rapporto 2014 "Cultura l'alternativa alla crisi per una nuova idea di progresso", presentato il 26 giugno a Roma durante l'assemblea generale della federazione delle aziende culturali italiane.
Anche nel 2013 crollano i consumi e gli investimenti relativi al comparto culturale.
Resta una certezza: siamo il 5° paese esportatore di beni creativi al mondo e leader nelle esportazioni di prodotti di design, per i quali siamo al 1° posto tra le economie del G8 e al 2° tra quelle del G20.
Reale complementarità tra pubblico e privato; estensione dell'art-bonus al mecenatismo a favore di soggetti di natura privata, attualmente esclusi; sostegno ai consumi delle famiglie attraverso la detraibilità delle spese culturali; tavolo di coordinamento MiBACT-MIUR per integrare politiche formative, dell'offerta culturale e del lavoro; sostegno alla produzione e all'autonomia gestionale delle aziende della cultura: queste le proposte di Federculture che segnala un calo del 3% della spesa culturale delle famiglie italiane. Calo che interrompe un lungo periodo nel quale, passando dai 55 miliardi di euro del 2000 ai 71,5 del 2011, la spesa in cultura aveva registrato un incremento del 30%.
La stessa inversione di tendenza investe anche la fruizione culturale. Tra il 2002 e il 2011 in tutti i settori si registravano valori in crescita che, nel biennio 2012-2013 si trasformano in un crollo vistoso: teatro -15,5%, mostre -12,8%, concerti -14,4%.
Calano anche i finanziamenti pubblici e privati.
«Viviamo un tempo di transizione e incertezza, ma l’Italia ha potenzialità enormi e risorse sulle quali fare perno per rilanciarsi. Dobbiamo smettere di rincorrere le emergenze e ripartire da un’idea di Paese in cui la cultura torni ad essere una guida fondamentale del progresso. Abbiamo bisogno di tornare all’economia reale. La cultura ha un ruolo determinante anche per la ricchezza economica e l’occupazione. Sul lavoro in particolare ben vengano i provvedimenti del governo per l’occupazione giovanile nella cultura, ma occorre fare molto di più e voglio lanciare una sfida: sono convinto che se affidassimo a imprese e associazioni giovanili, con obiettivi e regole chiare, i tanti musei e luoghi della cultura dello Stato e degli Enti locali praticamente chiusi e incentivassimo start up nel campo dell’industria culturale e creativa in due anni potremmo abbattere del 5% l’altissimo livello di disoccupazione giovanile.
Il vero dramma, il problema principale per il futuro è l’assenza di una visione nella quale costruire un orizzonte nuovo. Su questo, invece, occorre concentrare ogni sforzo anche a livello europeo per ridare un senso e un nuovo vigore al grande progetto unitario. Il periodo di crisi che ha stravolto molti settori può aprire una fase nuova di “distruzione creatrice”. Cioè avviare un processo di rinnovamento profondo in grado di aprire un nuovo ciclo di sviluppo, che solo grazie alla cultura può portare benefici duraturi in tutti i campi della società. Economia e occupazione insieme a democrazia, diritti umani, benessere. Questa è la strada del progresso che la storia, di là di ogni studio, ci dimostra».
Roberto Grossi, Presidente di Federculture
Per approfondire: http://www.federculture.it/rapporto-annuale-federculture/.