Fondazione Telecom Italia è al fianco di Telecom Italia e Associazione Libera nell’iniziativa Agenda Impegno, concepita per parlare e riflettere su temi di forte responsabilità.
L’iniziativa punta a stimolare - attraverso il proprio spazio sulla Rete - interventi, contributi e discussioni su dodici temi mensili, di enorme impatto emozionale e partecipativo: dal rispetto della Costituzione Italiana al diritto al lavoro, dalla tutela del territorio nazionale alla lotta alla povertà al rispetto del femminile, che costituirà il tema del mese di marzo.
Nel mese di marzo, tradizionalmente dedicato alle donne, Fondazione Telecom Italia intervista Massimo Lattanzi, psicologo, psicoterapeuta e Direttore dell'Osservatorio Nazionale Stalking, per fare il punto sul tema mensile di #AgendaImpegno dedicato al rispetto del femminile.
Professor Lattanzi, il fenomeno della violenza sulle donne è ancora in gran parte sommerso e non denunciato e mancano le rilevazioni di dati in modo sistematico, integrato e omogeneo sul territorio nazionale, sia da parte delle istituzioni che possono intercettare queste realtà, che dai servizi sanitari e pronto soccorso, nonché dalle forze dell’ordine. Oggi a suo avviso è possibile fare una stima statistica del problema?
«Sono uno psicologo psicoterapeuta, fondatore e coordinatore di un’equipe multidisciplinare di esperti volontari di alcuni dipartimenti dell’A.I.P.C in particolare dell’Osservatorio Nazionale Stalking, Centro Presunti Autori di violenza e stalking e Osservatorio Nazionale Delitti Familiari, centri attivi dal 2002 che hanno accolto oltre 30mila persone presunte vittime e circa 500 presunti autori. Nel 2006 i ricercatori volontari dell’Osservatorio Nazionale Stalking hanno concluso la prima ricerca italiana di tipo epidemiologico sullo stalking, è emerso che circa il 20% della popolazioni è o è stata vittima almeno una volta della loro vita, circa l’80% donne e circa il 20% uomini.»
È possibile ricostruire sia un profilo della vittima – età, grado di scolarizzazione, provenienza territoriale, altro – che dello stalker?
«Nel caso dello stalking – atti persecutori non esiste un victim o un criminal profiling, è una realtà trasversale. Lo stalking non è una violenza di genere, è quindi fondamentale applicare gli strumenti di prevenzione e contrasto specifici. Lo stalker è dapprima un manipolatore affettivo, che condiziona la vita dell’altra persona sin dai primi istanti, la rende dipendente da particolari attenzioni e forte presenza, che spesso sono scambiati per affetto o sentimento.»
La violenza sulle donne può essere di vario tipo – fisico, sessuale, psicologico ed economico – e spesso si consuma tra le mura domestiche e ancor più spesso viene taciuto. Se cominciassimo ad affrontare il problema con una doppia ottica, non solo dalla parte di chi subisce, dalla parte delle vittime, ma anche da chi queste violenze le perpetra, quali sono le azioni che potrebbero essere messe in campo per sradicare mentalità e retaggi malati e perversi?
«Il protocollo preventivo-riparativo adottato dal 2007 dai Dipartimenti dell’A.I.P.C. è rivolto sia alla presunta vittima che al presunto autore di violenza e stalking. La sola giustizia punitiva senza un percorso di risocializzazione specifico, non può contenere le persone dall’agire (spesso con recidiva) la propria condotta violenta e persecutoria. Questo protocollo circolare standardizzato viene applicato con ottimi risultati dall’equipe multidisciplinare del Centro Presunti Autori di violenza e stalking in collaborazione con le Forze dell’Ordine, Istituti di Istruzione e le Università di Roma “La Sapienza e Tor Vergata”, l’U.E.P.E. di Roma e Latina e la Casa Circondariale di Roma “Rebibbia Nuovo Complesso”.»
In tema di sensibilizzazione e prevenzione, che cosa si fa e che cosa si potrebbe ancora fare?
«Bisogna cambiare la cultura! Si potrebbe diffondere l’informazione che sia le vittime che gli autori dello stalking sono portatori di insicurezza personale e relazionale, generata spesso da un inadeguato accudimento ricevuto nelle primissime relazioni familiari; carenze che spingono queste persone a cercare disperatamente cura e sicurezza negli altri. Tale bramosia li conduce spesso ad essere sedotte e a fidarsi delle persone che sembrano avere i requisiti utili per appagare i propri bisogni di sicurezza, fiducia, protezione, presenza e appartenenza portandoli a reagire con disagio al rifiuto e all’abbandono. Queste dinamiche ricorrono di frequente sia nella popolazione delle presunte vittime che in quella dei presunti autori di violenza e stalking.»
Facciamo l'esempio di una donna vittima di violenze domestiche o di stalking che trova il coraggio di denunciare il suo aguzzino? Quali forme di tutela sono previste? Come evitare ritorsioni? Come trovare nell’immediato strutture di accoglienza?
«È importante specificare che ogni caso è differente dall’altro con rischi da valutare, è importante a questo proposito stimare il momento per fare una denuncia, le tutele offerte dal nostro ordinamento sono molteplici anche se possono sembrare insufficienti rispetto al grande numero di casi denunciati. Il numero delle case di accoglienza è insufficiente e spesso non permette di tutelare completamente le persone ed il persecutore imperterrito continua le sue condotte moleste.»
A livello penale e normativo, dopo il riconoscimento del reato di femminicidio, è previsto un inasprimento delle pene per il reato di stalking?
«L’esperienza acquisita dal 2002 con le presunte vittime, coppie e nuclei familiari e dal 2007 con i presunti autori, ha permesso di comprendere che bisogna strutturare interventi a livello circolare per prevenire e contenete i comportamenti violenti e persecutori. Lo stalking e altre forme di violenza spesso sono agiti da persone che vivono quello che nella letteratura è definito craving: non poter far a meno di …, dinamica tipica delle persone dipendenti da sostanza, gioco d’azzardo o affettiva! Senza un percorso di risocializzazione e rieducazione anche durante l’espiazione della pena, qualsiasi inasprimento non riuscirà a contenere tali dinamiche. Le persone che hanno perso la vita a seguito di queste dinamiche nel 2013 sono state circa 190, al 25 febbraio 2014 sono 35!»
A una ragazza, a una donna vittima di stalking che tace per paura – ma molto spesso per una deviata forma di amore – che cosa si sente di consigliare per abbattere il muro del silenzio?
«Dapprima sfaterei il mito dell’amore, quello che definiamo amore è il risultato di una somma matematica ovvero amore = sentimento + bisogni + dipendenza! A seconda dell’appagamento nell’accudimento che abbiamo ricevuto nei primissimi mesi di vita dal caregiver ossia da chi si è preso cura di noi e dalle successive esperienze “amorose”, i numeri dell'operazione di addizione possono essere sbilanciati verso il bisogno e la dipendenza. Consiglierei a tutte le persone che sono coinvolte in una relazione carica di dinamiche violente e persecutorie di trasformare l’esperienza problematica in un’opportunità di conoscenza attraverso un percorso psicoterapeutico fondamentale per interrompere la trasmissione transgenerazionale che spesso evidenziamo nel percorso naturale di crescita, da bambina, adolescente, donna, partner e madre, per il ripristino della qualità della vita della persona! Se senti di vivere un amore “particolare” in famiglia, in coppia, a scuola o al lavoro ti suggeriamo di contattare il numero nazionale delitti familiari 0644246573 o info@delittifamiliari.it. Su www.delittifamiliari.it è possibile telefonare in caso di emergenza direttamente dal sito anche da smartphone e tablet.»